Fake news sul cibo: facciamo chiarezza una volta per tutte

Ogni giorno sentiamo dire che le fette biscottate fanno dimagrire, che l’ananas brucia i grassi, che i carboidrati la sera sono vietati. E via così, con consigli che spesso non hanno alcun fondamento scientifico ma si diffondono come fossero verità assolute.

Il problema è che queste fake news sul cibo non restano confinate sui social. Finiscono per condizionare chi lavora nel food, creando ansie e aspettative sbagliate. Ristoratori e produttori si ritrovano a dover giustificare scelte perfettamente normali solo perché qualcuno ha letto da qualche parte che “non si fa così”.

La fake news sul cibo non sono solo un problema culturale: ha conseguenze economiche vere. Quando un cliente rifiuta un piatto per ingredienti ingiustamente demonizzati, o quando un produttore deve cambiare una ricetta per seguire mode passeggere, l’impatto sul business è concreto.

Quando l’informazione va più veloce della verità

I social hanno fatto miracoli per la comunicazione nel food, permettendo ai piccoli produttori di raggiungere i clienti direttamente. Ma hanno anche un difetto: amplificano tutto, comprese le fake news sul cibo, e spesso quelle più sensazionalistiche viaggiano più veloci di quelle vere.

Il meccanismo è sempre uguale: un’informazione falsa viene condivisa migliaia di volte, acquisendo credibilità non per la sua veridicità ma per la sua diffusione. Così nascono i “super alimenti” del momento e le diete miracolose.

Il risultato? Tre italiani su quattro non sanno più distinguere le fake news, soprattutto online. E questo non riguarda solo i consumatori: chi lavora nel settore si ritrova a combattere contro pregiudizi radicati ma infondati.

Un esempio? Spiegare che certi piatti “processati” sono più sicuri di quelli fatti in casa senza controlli. O che usare alcuni ingredienti industriali può essere intelligente dal punto di vista nutrizionale. Le reazioni sono spesso di diffidenza immotivata.

Le fette biscottate “dietetiche”: un mito da sfatare

Iniziamo da una delle convinzioni più difficili da sradicare: le fette biscottate che fanno dimagrire. È un’idea che passa di generazione in generazione, supportata da nutrizionisti improvvisati e presente in mille diete fai-da-te.

I fatti raccontano una storia diversa. Le fette biscottate, a parità di peso, contengono meno acqua del pane fresco ma più zuccheri semplici, più grassi e più calorie. Il processo di doppia cottura accelera la liberazione degli zuccheri dall’amido, provocando picchi glicemici più rapidi del pane normale.

Gli studi con sensori per il monitoraggio della glicemia hanno dimostrato che le persone con diabete spesso registrano valori elevati dopo aver consumato fette biscottate a colazione. Questo rende più difficile raggiungere gli obiettivi glicemici rispetto al pane fresco.

Dal punto di vista della composizione, le fette biscottate sono alimenti ultra-processati, prodotti industrialmente con farine raffinate e vari additivi per migliorare conservazione e sapore.

Chi gestisce un ristorante e propone pane fresco artigianale sta già offrendo qualcosa di nutrizionalmente superiore. Il problema è che molti clienti non lo sanno, perché nessuno glielo ha mai spiegato.

L’acqua in bottiglia: una paura senza fondamento

Altra storia che non trova riscontro: l’idea che l’acqua del rubinetto sia pericolosa e quella in bottiglia automaticamente più sicura. Questa convinzione influenza non solo le scelte domestiche ma anche quelle professionali.

I numeri dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano una realtà diversa. L’acqua che esce dai rubinetti italiani è sottoposta a controlli rigorosi lungo tutto il percorso. Le analisi del triennio 2020-2022 mostrano percentuali di conformità superiori al 95% per tutti i parametri di sicurezza. L’acqua potabile e quella minerale sono soggette agli stessi standard di sicurezza. Certo, le caratteristiche organolettiche possono variare, ma la sicurezza è sempre garantita.

Il problema delle non conformità, quando si verifica, è legato a inefficienze gestionali localizzate, non a problemi sistemici. Eppure un terzo degli italiani continua a non fidarsi di quello che esce dal rubinetto.

Chi gestisce un locale può considerare l’acqua filtrata del rubinetto come opzione economicamente vantaggiosa e sostenibile. Ma bisogna essere preparati a comunicare questa scelta in modo efficace.

Zucchero bianco vs zucchero di canna: marketing diverso, stessa molecola

Passiamo a un altro mito, l’idea che lo zucchero di canna sia più sano di quello bianco. Questa convinzione è così radicata che molti prodotti vengono commercializzati enfatizzando l’uso di zucchero di canna come elemento di qualità.

La realtà è semplice: entrambi contengono la stessa molecola di saccarosio. Lo zucchero di canna deve il suo colore alla presenza di melassa residua, che viene eliminata nel processo di raffinazione per ottenere lo zucchero bianco.

Anche lo zucchero “integrale” di canna ha differenze nutrizionali marginali. Pur contenendo alcune vitamine e minerali in più, le quantità sono talmente ridotte che non apportano benefici significativi. Inoltre, il minor potere dolcificante spesso porta a usarne quantità maggiori.

La scelta tra i diversi tipi di zucchero dovrebbe basarsi su considerazioni di gusto e tecniche: il sapore dello zucchero di canna può arricchire certe preparazioni, quello bianco è preferibile quando si vuole neutralità. Non esistono motivazioni nutrizionali valide per preferire sistematicamente l’uno all’altro.

I carboidrati la sera: una fissazione senza senso

Ecco il grande classico: “I carboidrati la sera fanno ingrassare”. È una regola ripetuta ovunque, ma che non ha basi scientifiche solide.

Il corpo umano non ha un meccanismo che alle 19 trasforma automaticamente tutti i carboidrati in grasso. Il metabolismo segue logiche più complesse, legate al bilancio energetico della giornata piuttosto che al timing dei pasti.

Gli studi sulla cronobiologia nutrizionale hanno evidenziato variazioni ormonali durante la giornata, ma non sufficienti a giustificare l’eliminazione totale dei carboidrati dai pasti serali. Il metabolismo basale durante il sonno è paragonabile a quello di un’attività sedentaria diurna.

Anzi, i carboidrati consumati la sera possono avere effetti positivi sul sonno, stimolando la produzione di serotonina che favorisce il rilassamento. Non è un caso che molte tradizioni culinarie prevedano primi piatti anche la sera.

La vera questione rimane il controllo delle porzioni e la qualità complessiva della dieta. Una porzione adeguata di pasta integrale con verdure la sera è più sensata che eliminare i carboidrati e compensare con eccessi di proteine o grassi. Altra fake news sul cibo sfatata.

La cannella che cura il diabete: tra tradizione e realtà

Il web è pieno di articoli che attribuiscono alla cannella proprietà quasi farmacologiche. Questa spezia è effettivamente ricca di antiossidanti e ha una lunga tradizione nella medicina tradizionale.

Esistono studi che hanno indagato gli effetti della cannella sui pazienti con diabete di tipo 2, e alcuni suggeriscono potenziali benefici. Tuttavia, le ricerche disponibili hanno ancora troppi limiti metodologici per formulare raccomandazioni cliniche precise.

Il problema principale è l’assenza di protocolli standardizzati: non ci sono indicazioni chiare su dosaggi, durata, tipo di cannella da usare. Inoltre, la cannella può interagire con farmaci ipoglicemizzanti.

Dal punto di vista nutrizionale, rimane un’ottima spezia per arricchire il sapore senza aggiungere calorie. Le proprietà antiossidanti sono reali, ma non bisogna confondere gli antiossidanti alimentari con i farmaci.

Chi usa la cannella in cucina dovrebbe valorizzarla per le sue reali qualità: il profumo caldo, la capacità di esaltare dolci e piatti salati, la versatilità. Queste caratteristiche sono sufficienti per giustificare il suo utilizzo.

L’ananas brucia-grassi: la più tenace delle fake news sul cibo

Arriviamo alla regina delle bufale alimentari: l’ananas che brucia i grassi. Questo mito resiste nonostante decenni di smentite scientifiche.

L’ananas contiene effettivamente la bromelina, un enzima che aiuta la digestione delle proteine. Il problema è che la bromelina si concentra principalmente nel gambo e nel torsolo, parti che normalmente non mangiamo, mentre la polpa ne contiene quantità ridotte.

Inoltre, anche consumando grandi quantità di bromelina, questo enzima non può “bruciare” il tessuto adiposo. La digestione delle proteine e il metabolismo dei grassi sono processi completamente diversi.

L’ananas rimane comunque un frutto eccellente: contiene oltre l’80% di acqua, ha solo 57 calorie per 100 grammi, è ricco di vitamina C e antiossidanti. Queste sono le sue vere qualità.

Dal punto di vista culinario, offre versatilità straordinaria: funziona nei dessert come nelle preparazioni salate, si abbina bene a carni e formaggi. Chi lo usa può valorizzarlo per il sapore dolce-acidulo, la succosità, la capacità di bilanciare piatti ricchi.

L’equazione palestra-libertà alimentare: un calcolo sbagliato

Una delle convinzioni più diffuse tra chi frequenta palestre è che l’attività fisica compensi automaticamente gli eccessi alimentari. “Tanto poi vado in palestra” è diventato un mantra per giustificare scelte alimentari discutibili.

La ricerca ha chiarito che questa equazione non funziona. Gli studi mostrano che gli interventi basati sulla dieta sono più efficaci per la perdita di peso rispetto a quelli basati solo sull’attività fisica. Il motivo è matematico: è più facile assumere calorie che bruciarle. Una fetta di torta può contenere 400-500 calorie, che richiederebbero circa un’ora di corsa intensa per essere smaltite. E spesso l’attività fisica stimola l’appetito.

Inoltre, molte persone sovrastimano il dispendio energetico dell’esercizio e sottostimano l’apporto calorico degli alimenti. I display delle macchine cardio spesso mostrano valori gonfiati, mentre le porzioni dei ristoranti possono essere molto più caloriche del previsto.

Questo non significa che l’attività fisica sia inutile. I benefici vanno oltre il controllo del peso: salute cardiovascolare, rinforzo muscolare, benefici per l’umore, migliore qualità del sonno. Ma questi benefici non autorizzano eccessi alimentari sistematici.

Come uscire dal caos delle fake news riguardanti il cibo

Tutte queste false credenze condividono caratteristiche comuni. Semplificano eccessivamente argomenti complessi, promettono soluzioni rapide a problemi complicati, cosa che le rende psicologicamente attraenti.

Inoltre, spesso si basano su mezze verità o studi mal interpretati. L’ananas contiene davvero bromelina, la cannella ha proprietà antiossidanti, l’attività fisica brucia calorie. Il problema nasce quando queste informazioni vengono estrapolate e trasformate in promesse miracolose.

L’alimentazione moderna non è fatta di ingredienti buoni o cattivi, di orari rigidi, di alimenti con poteri speciali. È piuttosto una questione di equilibrio, varietà e moderazione. La dieta mediterranea si basa proprio su questi principi: nessun alimento è proibito, ma tutto è consumato nelle giuste proporzioni.

Chi lavora nel settore food ha un’opportunità importante: contribuire a fare informazione corretta. Non serve diventare nutrizionisti, ma è utile riconoscere le false credenze più comuni e saperle contestualizzare.

Un ristoratore che sa spiegare le caratteristiche del proprio pane artigianale, un produttore che illustra i propri processi senza inventare proprietà miracolose, un pasticcere che sceglie gli ingredienti per le loro reali qualità: questi professionisti costruiscono fiducia autentica.

Il futuro della comunicazione food

La direzione è chiara: meno enfasi pubblicitaria e più trasparenza. Meno promesse straordinarie e più contenuti di valore. I consumatori stanno sviluppando maggiore consapevolezza critica, anche se faticano ancora a orientarsi tra informazioni contrastanti.

La comunicazione del futuro dovrà essere basata su tre pilastri: competenza tecnica, onestà e capacità divulgativa. Non basterà conoscere ingredienti e tecniche: bisognerà saperli spiegare in modo chiaro, senza esagerarne le proprietà per motivi commerciali.

Chi saprà comunicare in modo competente e onesto avrà un vantaggio significativo. Non per superiori capacità di vendita, ma per la capacità di costruire relazioni basate sulla fiducia e sull’informazione corretta.

Il settore food ha bisogno di professionisti che sappiano unire eccellenza tecnica e comunicazione chiara. Che non temano di dire “questo ingrediente non ha proprietà miracolose, ma è perfetto per questo uso specifico”. Che sappiano valorizzare il proprio lavoro per le sue reali qualità.

È un approccio più impegnativo, ma è l’unico modo per costruire qualcosa di solido in un mercato troppo spesso caratterizzato da superficialità e fake news sul cibo. La qualità autentica, comunicata con competenza e onestà, rimane sempre l’investimento più sicuro.

Marco Foti

Nato con la penna in mano e il palato raffinato, Marco Foti è il volto dietro il blog di Food4Mind e il social media writer per alcuni dei clienti più importanti dell'agenzia. La sua storia inizia con la passione per il cibo, un amore che negli anni lo ha portato a lavorare in un mondo tutto da scoprire, pregno di storie da condividere. Nel 2023, Marco ha deciso di unire questa passione a quella per la scrittura e raccontare da sé tutto ciò che questo mondo ha da offrire.